Un suicidio. Un segreto. Un amore lontano.
E la verità che arriva solo alla fine,
inaspettata e sconvolgente.
Venerdì scorso ho assistito alla presentazione del libro Maledetto Amore Mio, di Pierfrancesco Majorino, ne ho acquistata una copia e come sempre mi accade l’ho letta di un fiato.
Durante la presentazione Pierfrancesco che riveste il ruolo di ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI E SERVIZI PER LA SALUTE nel Comune di Milano, ha risposto ad una domanda che gli è stata posta in merito alle ultime parole del romanzo “tra le dita“, tre parole che ricorrono anche nella parte iniziale del libro.
Mi ha colpito in modo particolare nella sua risposta una definizione “tra le dita… spioncino, porta d’accesso…”.
Ha poi continuato con questa frase che mi è rimasta impressa perché mi rispecchia “Quando scrivo non penso, non programmo, scrivo di getto. Scrivo per immagini”.
Brevi flash da altri interventi “La marginalità della categoria degli ultimi… Le vite trascurabili che chiedono e pretendono di essere narrate… romanzo sociale, ma che non segue la via del romanzo sociale… romanzo dell’eterogeneità… spaccato di società frammentata…pluralismo della città…” Innumerevoli spunti di riflessione.
Tra le dita, come dall’obbiettivo di una macchina fotografica. I capitoli come lampi, flash di una macchina fotografia che s’illumina per catturare la luce, un attimo di vita da imprimere in una fotografia.
Le fotografie che ricorrono in tutto il libro, le immagini nella mente dello scrittore che le traduce in parole per restituirle al lettore che immagina, visualizza, leggendole.
Un album di immagini, questo libro, dove si raccontano tante vite e una sola.
Maledetto Amore Mio di Pierfrancesco Majorino.