Laura e altre storie è un grido silenzioso che si leva dalle pagine di questo mio nuovo libro. Storie di donne, ma non solo, che hanno subito la violenza in tutte le sue forme. Un viaggio doloroso ma necessario per comprendere una piaga sociale ancora troppo diffusa e per dare voce a chi spesso non ce l’ha più.
Dietro ogni nome, una storia. Dietro ogni storia, un’anima ferita. “Laura e altre storie” è un mosaico di frammenti di vita, un tentativo di ricomporre i pezzi di un puzzle spezzato dalla violenza. Un invito a guardare oltre la superficie, a scavare nei meandri dell’animo umano e a trovare la forza di guarire.
È la rappresentazione di tutte le donne che hanno subito violenza, di tutte le persone che hanno dovuto lottare per la propria dignità. In queste pagine, le loro voci si intrecciano, creando un coro potente e inconfondibile.
La violenza non è un destino, è una scelta. “Laura e altre storie” è un appello alla consapevolezza, un invito a non restare indifferenti di fronte al dolore altrui. È un invito a costruire un mondo più giusto, dove ogni individuo possa vivere libero dalla paura.
Oltre la corazza dell’indifferenza.
Era come se il mondo esterno che con tutta la sua crudele indifferenza costruiva corazze, avesse trovato un modo per insinuarsi nel suo corpo, contaminandola.
Eppure… avete presente quella sottile sensazione di nausea alla bocca dello stomaco?
Quando pensava alla violenza e alle sue forme di espressione era quella la sensazione che negli ultimi tempi la assaliva sempre più spesso.
Quella nausea alla bocca dello stomaco, che saliva inesorabile, non era solo disgusto ma una risposta viscerale alla disumanità, un segnale che la vita stessa le inviava per ricordarle che non tutti avevano smesso di sentire.
Ogni immagine, ogni storia di sofferenza, ogni sguardo perso di chi ha subito ingiustizie, sembrava scorrere attraverso di lei come un fiume in piena, impossibile da arginare.
Quel nodo allo stomaco, un nodo di disgusto e impotenza, si stringeva sempre più forte ogni volta che le immagini della violenza irrompevano nella sua mente.
“Sei troppo sensibile e quindi somatizzi quello che percepisci e vivi.” le dicevano, come se la sensibilità fosse una colpa, come se il sentirsi spezzata davanti al dolore proprio e degli altri fosse un’anomalia in un mondo che non ammette fragilità, ma lei sentiva che era semplicemente l’incapacità di disumanizzarsi, di abituarsi all’orrore.
Lei sapeva che quella sua incapacità di schermarsi era il suo modo di restare umana.
“Sei troppo sensibile”.
Ma come poteva non esserlo di fronte a tanta brutalità?
La società sembrava aver sviluppato una sorta di corazza, un’indifferenza protettiva. Lei, invece, ne era trafitta, come un bersaglio in movimento.
Il nodo allo stomaco non era altro che una ribellione silenziosa contro l’assuefazione alla crudeltà. Ogni volta che quella morsa si stringeva, sentiva che, nonostante tutto, c’era ancora un frammento di lei intatto, un angolo della sua anima che non avrebbe mai permesso di scendere a compromessi con la brutalità.
Eppure, la sua reazione veniva spesso derisa o minimizzata, come se la sua sofferenza fosse un segno di debolezza.
Eppure, in quella stessa nausea, c’era anche una scintilla di speranza.
Così, trasformava quella sofferenza in azione, quella sensibilità in resistenza.
Ogni giorno, trovava la forza di opporsi alla corazza dell’indifferenza, di costruire piccoli ponti di gentilezza, di difendere, con ogni fibra del suo essere, il valore della compassione.
Perché, in fondo, la sua debolezza apparente era in realtà la sua forza più grande: era la testimonianza vivente che, nonostante tutto, il cuore umano era ancora capace di sentirsi responsabile degli altri, di battere in armonia con la vita.
Era la consapevolezza che la sua sensibilità non era una maledizione, ma un dono.
Un dono che la spingeva a cercare soluzioni, a costruire un mondo migliore, un mondo in cui la violenza non aveva più spazio. Oltre la corazza dell’indifferenza, c’era sì una sofferenza profonda, ma c’era anche una sensibilità che sembrava appartenere a un altro tempo, a un mondo in cui l’empatia era ancora il linguaggio universale.
(Inedito tratto da Laura e altre storie)