Figlio mio

Figlio mio.

Una Giornata Meravigliosa e Orribile
Sono arrivato questa mattina alle 10,30, la città era fredda, il cielo era a tratti cupo e sereno, ho dato uno sguardo al Palazzo di Giustizia, un tremito, freddo come la mattina, un caffè, un altro sguardo a quel palazzo.
A breve avrò l’incontro che spero da molti mesi. In quel palazzo, che più lo guardi più mette paura.

Là dentro giudicano il tuo cuore, assurdo tu pensi, come può un palazzo giudicare il tuo cuore? Delle rozze pietre grezze, fredde anche loro come il mattino, come possono comprendere il calore del tuo cuore, esse infatti non possono, sono uomini e donne, con cuori freddi come le pietre che lo fanno.
Il tempo per una candela, per una preghiera, …anche più di una, semmai fosse sordo l’ascolto, un pensiero, un ansia.
Ebbene io sono qui! Sono qui per essere giudicato, …ma che mai avrò fatto per essere qui? ma l’infamia mi chiama a giudizio, io devo rispondere.
Più dell’infamia, un’attesa, 11 mesi d’attesa, un ragazzo.
D’un tratto mi appare che proprio in quella città, in una notte verso le 4,00 del mattino, 16 anni prima, era aprile, nacque qualcuno molto importante per la mia vita, strinsi le mani della sua mamma nel lungo travaglio, tanto da sentire il suo dolore dentro di me, lo vidi uscire dalla mamma, i suoi primi vagiti.

E’ lui, è mio figlio!

Ma adesso come si farà a fare il padre? Ne sarò capace? Il tempo me l’ho negherà, ma io non lo so ancora.
Ma in cuor mio so!
Ed oggi eccomi sono qui! Ti sto aspettando, perché non appari?
In un gelido corridoio, sono e rimango in attesa, …arriverai! Io lo spero! Io ti sto aspettando, sono quel padre, sono quello che ti ha visto uscire, il primo che ti ha preso in braccio, il primo che stupito ti ha guardato meravigliato, più stupido di te che con occhi grandi guardavi un mondo che non capivi.
Ma eccomi qui, ad aspettare un ragazzo, quel bimbo che 16 anni prima era tra le mie braccia.
Mi risuonano nelle orecchie i tuoi pianti, ricordo le mie notti insonni, il dispiacere perché al mattino dovevo alzarmi per andare a lavorare, ma l’amore nel rivederti al rientro.
La mia preoccupazione mentre crescevi, le mie domande, …ma perché ancora non cammina e non parla? Poi il tuo primo giorno d’asilo e poi il suo ultimo giorno buffo con il cappello da laureando Il tuo primo giorno di scuola, le vicissitudini, le arrabbiature, i momenti d’affetto e di comprensione, i pianti silenziosi per le sue sconfitte, le gioie anch’esse silenziose per le sue vittorie, il primo giorno alle medie, l’irritazione per la svogliatezza, che sebbene comprendendo, non potevo ammettere che fosse uguale o peggio di me.
Il mio cuore è stato infranto nelle speranze per te, quando decidesti di fare ciò che era contrario alle mie speranze, ma era la tua scelta, giusta o sbagliata che fosse era tua, avevi il diritto di scegliere la strada della tua vita, ti sarei rimasto accanto facendo il tifo per te.
L’angoscia di che ti avevano fatto del male e che non avevo potuto proteggerti figlio mio, 4 tremendi giorni di pensieri, la rabbia, mi sentivo violentato, violato nei miei affetti.
Giunse giorno in cui mi dicesti che non ti piacevo, che avresti preferito un altro papà, soffrii neanche tanto in silenzio, un orso ferito, vedevo le ferite sanguinare, …il fallimento, la rabbia, il non capire.
La separazione, lui che se ne va, lui che non ritorna. Oggi lo rivedo…, no!
Continuo ad andare avanti e indietro, 20 metri di corridoio, contando le pietre del pavimento e pensando, pensando all’incontro che forse non ci sarebbe stato.
Guardo dalla vetrata, sei tu! Sei proprio tu!
Non so come sarà la mia reazione, sarà normale? Prego Dio di non farmi piangere. Sali, sento lo scricchiolio dei passi sugli scalini, li sento… sei nel corridoio, sono voltato di spalle appositamente, mi giro ti vedo, avanzi con la tua andatura che mi fa sorridere e m’infonde tenerezza, un misto fra Charlie Chaplin e Stan Laurel, se avessi avuto il bastone da passeggio saresti stato proprio lui, Charlot.

Mi vedi, mi mostri il palmo della mano sinistra innanzi al petto e la scuoti, per dirmi ciao, sei imbarazzato lo vedo.

Sei tu!

Ti guardo, sorrido, tu mi sorridi, fino a quel momento sei serioso, ti avvicini mi dai la mano, io la prendo, ti chiedo “ …ti posso abbracciare?” Tu mi rispondi “Si!” Ti abbraccio e tu mi abbracci, ti do un bacio, mi accarezzi con la mano il capo, scoppiamo a piangere, esclamo “Scusa sono undici mesi che non ti vedo”, tu mi dici “…si sono molti mesi…”.

Vorrei stare con te a parlare, ma la mamma ti invita dall’avvocato, ti perdo di vista, ti cerco con gli occhi, ma sei circondato da mamma e dall’avvocato mi aspetto il peggio, ma so che questa è la battaglia di mamma, tu sei è uno strumento.
Spero nel tuo cuore, ma non mi faccio illusioni, entri dal giudice, esci, non mi saluti, …capisco! Il giudice mi dice “… suo figlio ha deciso che non vuole vederla! “…non commento, mi scappa una lacrima, ma non commento!

Guardo mia moglie con pietà, la disprezzo, ma ingoio le lacrime, esco, ti guardo figlio mio, ti chiedo “…allora non vuoi più vedermi?” “…Si non voglio più vederti!”

Ho sentito dentro qualcosa dentro che si spezzava, ti ho seguito con gli occhi fino a vederti sparire dalla mia vista. …dal cuore …un Ti voglio bene…… una lacrima…. Il silenzio è tornato.

Era il primo febbraio del 2012 postavo qui questa lettera di un caro amico a suo figlio. Ancora oggi rileggendola ho le lacrime che scendono, ma so. So che questo figlio e questo padre sono insieme oggi. So che questo figlio sostiene suo padre per un nuovo dolore di cui lui stesso scrive qui in questa sua nota.

 

Un pensiero su “Figlio mio

  1. Silvano Botta dice:

    Questa lettera la scrissi io ormai nove anni orsono, il titolo originale era Fredde Pietre, modificato in seguito in “una giornata meravigliosa e orribile, per motivi di circostanza.
    Il figlio per cui la scrissi si chiama Jacopo e, vive con me da sei anni. Nonostante gli alti ed i bassi con lui ho ora un ottimo rapporto. Ma incastrata nei gangli delle vicende è ora rimasta la mia piccola, con lei il rapporto è ormai compromesso a tal punto che non la vedo e sento da sei anni.
    Nei dieci anni trascorsi ho vissuto numerose vicende, alcune davvero assurde che non sto qui a raccontare, ma nel complesso, nonostante abbia subito un processo lungo tre anni, al termine del quale fui assolto, la croce che mi fu gettata addosso nel 2011, ancora mi perseguita.
    Impossibilitato a ricostruire relazioni sociali che mi consentano di gettare il mio passato alle spalle definitivamente.
    In definitiva, in base alla mia esperienza, chi entra suo malgrado nel vortice delle calunnie e delle false accuse, difficilmente ne esce, riuscendo a ricostruirsi un nuovo futuro.

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