Umiltà.
Una parola difficile da spiegare e ancora più difficile da comprendere. Troppe volte si confonde la persona umile con la persona povera, invece non è così.
La persona umile può anche essere ambiziosa, ma la sua ambizione non la porta a ritenersi migliore di altri. La spinge ad avere obiettivi e come diceva Mahatma Ghandi
la ricerca della verità, senza l’umiltà, è condannata a degenerare in una tremenda caricatura di se stessa.
Nella religione e nella spiritualità, l’umiltà è generalmente considerata un valore positivo, è la virtù che porta alla consapevolezza della propria identità, dei propri limiti e della propria forza dove “limiti” è inteso come confine di sé e “forza” è inteso come capacità di mettersi a disposizione.
Da sempre il termine umile viene utilizzato in modo dispregiativo, per offendere le persone mentre invece questa locuzione le valorizza sicuramente.
L’umiltà aiuta a preservare la propria identità dalle scosse della vita, chi è umile sa accogliere le sconfitte e su queste pone il piede per salire nella scala della coscienza e della conoscenza.
L’umiltà sa far cogliere quelle sfumature, quegli aspetti infinitesimalmente piccoli, che contribuiscono alla riuscita anche dei grandi progetti. Porsi con atteggiamento umile permette di penetrare e comprendere il lampo di luce dell’idea creativa e di concretizzarla.
Il sorriso dell’umile, un’immagine che mi ricorda Papa Luciani, è quanto di più gioioso possa esserci e la gioia che trasmette colpisce il cuore dei buoni