Oggi voglio lasciare lo spazio nel mio blog per un articolo scritto dalla mia amica Adriana Tisselli sul numero di GENIODONNA di Mar_Apr 2012.
Un bell’articolo con un titolo forte “Le nuove compagne dei padri separati: donne di serie “C” Il diritto di accedere ad una maternità tutelata”, ed ecco cosa scrive:
Se i padri separati vengono trattati alla stregua di genitori di serie B, le eventuali nuove compagne di questi vengono considerate (e trattate) dallo Stato in modo persino peggiore.
Di sicuro, nessuno si domanda se anche le compagne, in quanto donne, debbano vedersi garantito il diritto di poter usufruire delle stesse opportunità delle altre, compreso quello di accedere ad una maternità egualmente tutelata.
Ad oggi, infatti, le uniche a beneficiare di protezione sociale, sostegno economico e comprensione umana sono le cosiddette madri di serie A, ovvero quelle donne alle quali, per prassi consolidata, si devono sempre lasciare casa, soldi e, ovviamente, figli.
Le nuove compagne, invece, sono, per gli “addetti ai lavori” semplicemente delle donne che non valgono niente e, di conseguenza, anche delle madri che non valgono niente.
I loro figli (se hanno la malaugurata idea di metterne al mondo), poi, valgono ancora meno. Infatti, i figli della madre di serie C dovranno accontentarsi di quello che rimane dei privilegi che lo Stato si affanna a garantire alla madre di serie A.
Due pesi e due misure per una stessa tipologia di essere umano appartenente allo stesso genere (femminile). È un’odiosa disparità di trattamento che va a colpire i figli.
Partendo dunque dal presupposto che lo Stato dovrebbe avere una funzione etica, come può consentire che avvenga una tale discriminazione “legalmente autorizzata” che, di fatto, va a colpire i soggetti più deboli, cioè i bambini?
Oggi, le compagne dei padri separati, probabilmente, sono tra le poche donne depositarie dei valori più sani del movimento femminista, in primisdi quella spinta all’emancipazione femminile che avrebbe dovuto fare pressione sulla società per ottenere riforme strutturali e che, invece, ha velocemente (e comodamente) abdicato al modello culturale dominante.
Ne sono una dimostrazione evidente le eccessive tutele riconosciute a talune donne in fase di separazione… che poi sono il pedissequo riproporsi della vecchia logica donna/badante della prole e uomo/procacciatore di mezzi di sussistenza.
Incredibilmente, è proprio lo stesso arcaico modello che continua ad essere applicato – né più né meno – dai tribunali quando il (falso) affido condiviso viene puntualmente ratificato.
Ma il “risarcimento danni” predatorio alla fine si rivela essere l’ennesima, perduta occasione di parità: un inganno! E così le donne si intrappolano da sé in un sistema frustrante, accuratamente studiato per contenerle e per annullarne le capacità.
Le nuove compagne, dal canto loro, trascinano silenziosamente e faticosamente il loro carico familiare lavorando, senza aiuti e, soprattutto, senza quella solidarietà “di parte” della sorellanza riservata solo ed esclusivamente alla metà “privilegiata” della metà del cielo.
Adriana Tisselli
Presidente
Associazione DonneContro
Movimento Femminile per la Parità Genitoriale